Panagulis - Intervista - Oriana Fallaci. Quel giorno aveva il volto di un Ges. Sulle sue guance pallide si affondavano gi. Anche quando rideva, non credevi al suo ridere. Del resto era un ridere forzato e che durava poco: quanto lo scoppio di una fucilata. Subito le sue labbra tornavano a serrarsi in una smorfia amara e in quella smorfia cercavi invano il ricordo della salute e della giovent. La salute l’aveva persa, insieme alla giovent. Quel giorno aveva il volto di un Ges. Sulle sue guance pallide si affondavano giMa capivi subito che non si pentiva d’essere nato: non se n’era mai pentito e non se ne sarebbe mai pentito. Capivi subito che era uno di quegli uomini per cui anche morire diventa una maniera di vivere, tanto spendono bene la vita. Due giorni prima, uscendo da Boiati con la grazia che Papadopulos aveva concesso insieme all’amnistia per trecento prigionieri politici, non aveva detto una sola parola che gli servisse ad esser lasciato in pace. Anzi aveva dichiarato, sprezzante: «Non l’ho chiesta io, la grazia. Me l’hanno imposta loro. Io son pronto a tornare in prigione anche subito». Infatti chi gli voleva bene temeva per la sua incolumit. Fuori del carcere era troppo scomodo pei colonnelli. Oppure gli si tende una trappola per richiuderle in gabbia. Quanto a lungo sarebbe rimasto all’aria aperta? Ecco la prima cosa che pensai quel gioved. Alekos per gli amici e per la polizia. Nato nel 1. 93. 9 ad Atene da Atena e Basilio Panagulis colonnello dell’esercito e pluridecorato nella guerra dei Balcani, nella prima guerra mondiale, nella guerra contro i turchi in Asia Minore, nella guerra civile fino al 1. Secondogenito di tre fratelli straordinari, democratici e antifascisti. Fondatore e capo di Resistenza Greca, il movimento che i colonnelli non riuscirono mai a distruggere. Autore dell’attentato che per un pelo, il 1. Per questo lo arrestarono, lo seviziarono, lo condannarono a morte: pena da lui stesso sollecitata in un’apologia che per due ore tenne i giudici col fiato sospeso. Ma so anche che il canto del cigno di ogni vero combattente . Non s’era mai visto un accusato trasformarsi in accusatore, cos. Giungeva in aula con le mani ammanettate dietro la schiena, i poliziotti gli toglievano le manette e lo serravano in una morsa cieca agguantandolo alle spalle, alle braccia, alla vita, ma lui balzava in piedi lo stesso, con l’indice teso, a gridare il suo sdegno. Non lo giustiziarono per non farne un eroe. Lo trasportavano da una prigione all’altra dicendo: «Il plotone di esecuzione ti aspetta». Entravano nella sua cella e lo massacravano di botte. E per undici mesi lo tennero ammanettato, giorno e notte, malgrado i polsi gli fossero andati in putrefazione. A periodi, poi, gli impedivano di fumare, di leggere, di avere un foglio e una matita per scrivere le sue poesie. E lui le scriveva lo stesso, su minuscoli fogli di cartavelina, usando il suo sangue per inchiostro. Il suo primo libro aveva vinto il Premio Viareggio ed era ormai un poeta riconosciuto, tradotto in pi. Il simbolo del coraggio, della dignit. E tutto questo mi turbava, ora che me lo trovavo dinanzi. Come si saluta un uomo che ? Come si parla a un simbolo? E mi mordevo le unghie, nervosa: me ne ricordo perfettamente. Il timore di non trovarlo sebbene gli avessi fatto annunciare il mio arrivo. Hotspot, Cie, Cara, Cas: quelli che non si possono far vedere. A babbo morto Il significato iniziale Le principali notizie di politica, costume, economia e cronaca dell'area insubre, il territorio transfrontaliero che riunisce le province di Varese, Como, Lecco. QUANDO SIETE NATI CHE GIORNO ERA? VEDI QUI IL CALENDARIO PERPETUO > > E QUAL'E' IL SIGNIFICATO DEL VOSTRO NOME? Cosa dice l'etimologia, cosa dice il poeta. La ricerca di via Aristofanos, nel quartiere di Glifada, dov’era la sua casa: il tassista che finalmente scorge la villetta e si mette a gridare facendosi il segno della croce. Il pomeriggio afoso, i miei vestiti appiccicati al corpo. La folla dei visitatori che gremisce il giardino, la terrazza, ogni angolo della villetta. Gli altri giornalisti, le voci, le spinte. E lui che siede nel mezzo del caos con quel volto di Cristo. Aveva un’aria molto stanca, anzi esausta. Se non mi conosceva da sempre, del resto, ci conoscevamo gi. Nei periodi in cui gli consentivan di leggere qualche giornale, mi avrebbe narrato, gli avevo fatto compagnia coi miei articoli. E lui mi aveva fatto coraggio col semplice fatto di esistere, essere ci. Restituii l’abbraccio dicendo «ciao», lui replic. Semplicemente aggiunsi: «Ho ventiquattr’ore per stare ad Atene e preparar l’intervista. Subito dopo devo partire per Bonn. Oltre a quelle c’era un mazzo di rose rosse che mi aveva mandato fino all’aeroporto e che poi erano tornate indietro perch. Commossa, ringraziai bruscamente. Era un lampo che ti faceva intuire una selva di tenerezze e furori in contrasto fra loro, un’anima senza pace. Sarei riuscita a capire quell’uomo? Cominciammo l’intervista. E immediatamente mi colp. Una voce per convincer la gente. Il tono era autorevole, calmo: il tono di chi . Parlava, ecco, come un leader. Parlando fumava la pipa che praticamente non staccava mai dalla bocca. Allo stesso tempo era premuroso, gentile, e restavi come smarrito quando, con virata improvvisa, sai la virata di un motoscafo che procede dritto e di colpo si gira per tornare indietro, tanta durezza si rompeva in dolcezza: struggente come il sorriso di un bimbo. Il modo in cui ti versava la birra, ad esempio. Il modo in cui ti toccava una mano per ringraziarti di un’osservazione. Di volto non era bello: con quegli occhi piccoli e strani, quella bocca grande e ancora pi. Alle labbra, agli zigomi. Eppure ben presto ti sembrava quasi bello: di una bellezza assurda, paradossale, e indipendente dalla sua anima bella. No, forse non lo avrei mai capito. Decisi da quel primo incontro che l’uomo era un pozzo di contraddizioni, sorprese, egoismi, generosit. Ma era anche una fonte infinita di possibilit. Forse la politica rappresentava solo un momento della sua vita, solo una parte del suo talento. Forse, se non lo avessero ammazzato presto, se non lo avessero rimesso in gabbia, un giorno avremmo sentito parlare di lui per chiss. Quante ore restammo nella stanza coi libri e coi fiori a parlare? Non ti accorgi del tempo che passa se ascolti ci. La storia delle torture, anzitutto, l’origine delle sue cicatrici. Ne aveva dappertutto, mi disse. Qui stavano esattamente dove stanno le ferite di Cristo: all’altezza del cuore. Gliele avevano inflitte alla presenza di Costantino Papadopulos, il fratello di Papadopulos, con un tagliacarte scheggiato. E questo lo raccontavano i suoi denti quando mordeva la pipa, lo raccontavano i suoi occhi quanto si appannavano in lampi di odio o di muto disprezzo. Pronunciando il nome dei suoi seviziatori, infatti, si isolava in pause impenetrabili e non rispondeva nemmeno a sua madre che entrava chiedendo se volesse ancora una birra o un caff. Sua madre entrava spesso. Era vecchia, vestita di nero come le vedove che in Grecia non abbandonano il nero, e il suo viso era una ragnatela di rughe profonde come i suoi dolori. Il marito morto di crepacuore mentre Alekos era in prigione. Il figlio maggiore scomparso. Il terzo figlio in prigione. Del resto era stata in prigione anche lei, per quattro mesi e mezzo. Ma nemmeno lei eran riusciti a piegare. In una lettera a un giornale di Londra, una volta aveva scritto dei figli: «Gli alberi muoiono in piedi». Gli alberi erano i suoi figli. Un albero era morto quasi sei anni prima: Giorgio. Da quasi sei anni nessuno sapeva pi. Nell’agosto del 1. Giorgio aveva rifiutato di restar nell’esercito greco e, come Alekos, aveva disertato. Attraverso il fiume Evros era fuggito in Turchia dove aveva raggiunto Istanbul per cercare asilo presso l’ambasciata italiana. Per nostra vergogna, l’ambasciata italiana gli aveva negato l’asilo: tergiversando sulla necessit. Giorgio era fuggito di nuovo, stavolta in Siria, e a Damasco s’era ancora rivolto all’ambasciata italiana che s’era comportata nello stesso modo. Tuttavia un’ambasciata pi. Fuggito anche alla polizia siriana, aveva raggiunto il Libano. Dal Libano avrebbe voluto imbarcarsi per l’Italia, ma non lo aveva fatto perch. Aveva preferito entrare in Israele, paese che con la Grecia dei colonnelli non aveva rapporti diplomatici, per recarsi in Italia imbarcandosi a Haifa. E a Haifa, invece, gli israeliani lo avevano arrestato. Giorgio s’era fidato di loro, aveva detto chi era, e loro lo avevano arrestato: per consegnarlo al governo greco. Non gli avevano dedicato nemmeno un processo. Semplicemente, lo avevano caricato su una nave greca che faceva la spola tra Haifa e il Pireo: l’Anna Maria. E a questo punto si perdevano le sue tracce. Sembra che Giorgio fosse ancora nella cabina prima che la nave entrasse nel tratto di mare compreso tra Egira e il Pireo. Ma, quando la nave s’era avvicinata al porto, la cabina era vuota. Scaraventato da qualcuno fuori dall’obl? Il suo corpo non sarebbe stato mai ritrovato. Ogni tanto il mare restituiva un cadavere, le autorit. A una certa ora della notte interrompemmo l’intervista. La folla dei visitatori s’era dispersa e Atena m’aveva offerto ospitalit. Aveva preparato anche il pranzo, sulla tovaglia migliore. Alekos appariva meno teso, meno solenne, e presto schiuse una porta delle sue infinite sorprese: lasciandosi andare a una conversazione scherzosa. Definiva la sua cella, ad esempio, “la mia villa di Boiati”, e la descriveva come una villa lussuosissima, con piscine aperte e scoperte, campi da golf, cinema privati, scintillanti saloni, uno chef che comprava il caviale fresco in Iran, le odalische che danzavano e lucidavano le manette. In un tal paradiso, una volta, aveva fatto lo sciopero della fame “perch. E poi, con lo stesso tono, illustrava la sua “arcinota amicizia” con Onassis, Niarcos, Rockefeller, Henry Kissinger, o descriveva i “suoi jet personali”, lo yacht che il giorno avanti aveva “prestato ad Anna d’Inghilterra”. Ed io non credevo ai miei occhi, ai miei orecchi. Possibile che nella tomba di cemento egli fosse riuscito a salvare il suo humour, la capacit? Possibile, anzi indiscutibile. Parlammo, stavolta, fino alle tre del mattino e, alle tre e mezzo, caddi esausta sul letto che m’avevano preparato nel soggiorno. Sopra il letto c’era la fotografia di Basilio, nella sua uniforme di colonnello, e la cornice grondava medaglie d’oro, d’argento, di bronzo: testimonianza delle varie campagne combattute fino al 1.
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December 2016
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